La Liberazione è una festa che ho imparato a conoscere negli anni, crescendo. All'inizio non era importante come il Natale, lo ammetto.
Quando ero piccola il Natale era come il Superman delle feste comandate. Le altre non esistevano quasi. Pure la Pasqua non aveva molta importanza per me, cioè, sempre più della Liberazione, ma meno di Capodanno, per intenderci.
Solo dopo averla studiata a scuola ho iniziato a capire l'importanza di questa celebrazione, a realizzare che tutte le altre feste, senza di lei, non sarebbero state così belle. Alcune non sarebbero state e basta.
Ora, da adulta, mi rendo conto che questa evoluzione non c'è stata per tutti. Molti continuano a non considerarla così fondamentale, qualcuno addirittura la snobba o se ne discosta.
Discostarsi dalla Festa della Liberazione è assurdo, mica è il Natale, che puoi dire: “Non credo in Dio e non la festeggio”. Questo ci sta, ma il 25 Aprile non è come il 25 Dicembre, non puoi dire “non mi appartiene” o “non è la mia festa”.
Non puoi dire “non la sento”. Al massimo, non la conosci, non l'hai studiata, l'hai fraintesa, ma, credimi, “tu” ipotetico che ti discosti dalla Festa della Liberazione, questa è anche e soprattutto la tua festa, così come è la festa di tutti quelli che hanno il diritto di dissentire, di esprimere un'opinione diversa.
Certo, se uno esprime l'opinione “diversa” secondo cui la Liberazione è una festa comunista, per esempio, sta dicendo semplicemente una cazzata e magari si accorgerà che un sacco di gente non è d'accordo con lui, ma non sarà rinchiuso, esiliato o fucilato per questo.
Oggi, per esempio, è stato solo grazie al fatto che 75 anni fa l'Italia sconfisse l'oppressore Nazifascista se, di fronte all'assembramento dei miei condomini nel parchetto condominiale sono riuscita ad anteporre la comprensione e il rispetto invece di mettermi a gridare a squarciagola “Che cazzo state facendo?! Tornate a casa! Raus!”
Ho pensato, chi sono io per imporre qualcosa ai miei simili? Chi sono io per costringere qualcuno a rispettare una regola che non sembra entrargli in testa?
Bimbi che si tiravano il pallone con piedi ma anche con mani, mamme che chiacchieravano sedute sull'erba, uno che faceva jogging intorno al perimetro del giardino, un altro col cane che passeggiava. Insomma, non erano tanti, ma 'sto parchetto non è certo Villa Borghese. E comunque non ce n'era uno con la mascherina.
Allora ho preso un respiro profondo, ho cercato di capire quanti fossero i nuclei familiari che stavano interagendo, ho controllato che ci fosse almeno un metro tra loro, ho riflettuto sul fatto che, in fondo, se si lavano le mani una volta arrivati a casa, non è poi così grave far incontrare i bambini per qualche ora sotto casa.
Insomma, per qualche istante sono stata perfettamente divisa a metà tra il chiamare l'esercito, sperando che un elicottero atterrasse tra gli ulivi e unirmi alla reunion condominiale. Ma alla fine non ho fatto nessuna delle due cose. Semplicemente, quando una mamma ha detto alla figlia: “Dai Gaia, saluta, che andiamo via” mi sono permessa di suggerire: “Senza bacetto, però, eh!”.
Ma non credo mi abbiano sentito.
Ormai è chiaro cosa ci aspetta nella Fase 2. Sarà una lunga lotta contro noi stessi per sconfiggere l'oppressore che è in noi e lasciare che, nei limiti del principio secondo cui la tua libertà finisce dove inizia la mia, ognuno eserciti il proprio diritto di azione, di pensiero e di sbagliare.
Evviva, comunque e sempre, la Liberazione.
---
In foto, non avendo a portata di mano un tricolore, ho scelto un tramonto mozzafiato. Così, giusto per rimanere anche oggi un po' fuori tema.
#resistenza #risorgeremo #passerà #vinciamonoi #restiamouniti#andràtuttobene #iorestoacasa