Volevo essere allegra oggi. Mi sono svegliata stamattina pensando di riuscire a prendere tutta la tristezza, appallottolarla e calciarla via lontano.
Guardandomi allo specchio mi ero ripromessa: “Oggi non rompere le palle. Stai in salute, sei circondata di un sacco d'amore, quindi non c'è motivo per abbattersi”. Poi però mi sono connessa e ho appreso della morte di Sepulveda.
E lì è arrivato il primo intoppo.
Pervasa dalla voglia di ritrovare quegli spiragli di positività che solo pochi giorni fa riempivano le mie giornate, ho cercato velocemente di superare il dispiacere dicendomi: “Vabbè, mica era tuo zio, mica lo conoscevi di persona, mica hai letto tutti i suoi libri, mica, mica, e mica”.
E ancora: “Mo, solo perchè era Luis Sepulveda ti angosci? E allora il panettiere di Bergamo? Il rianimatore di Brescia? Il pensionato di Pavia?”. Dopo pochi minuti mi sono resa conto da sola che questa strategia non soltanto non dava risultati, ma peggiorava la situazione. Più esempi mi venivano in mente e più saliva la tristezza. Quindi stop.
Allora, per sfogarmi un po', ho provato a interagire con il cane, quel povero quadrupede a cui da una settimana stiamo cercando di far capire che non può sempre giocare con noi umani come se fossimo dei mastini napoletani, non può mordicchiare piedi e avanbracci o scrollarsi i quintali di pelo di dosso come se stesse in una spiaggia deserta. E tanti altri divieti.
Quindi oggi il bravo cagnolone, alla mia esortazione “Dai Marvel, giochiamo!”, ha risposto accasciandosi a terra, mite e un po' rassegnato, come a dire: “Se non posso mozzicarti non mi diverto...”. Nel bilancio c'è da mettere che siamo riusciti a farlo calmare, ma forse era meglio quando era pazzo.
E poi all'improvviso, quando ero quasi giunta alla conclusione che anche il diario di oggi sarebbe stato uno sprone al suicidio di massa, è arrivata una buona notizia: “L'hanno dimesso!”.
E tanto è bastato per evitare che anche la pagina di oggi fosse della stessa pesantezza di ieri.
E niente, ha proprio ragione mia madre quando dice: “L'importante è che siamo vivi”.
Ma aveva ragione anche Luis Sepulveda quando scriveva: “La vita si misura dall'intensità con cui si vive”.
Ecco, nello specifico, io credo che a rendere intensa la nostra esistenza sia la verità con cui la si affronta. Nella gioia e nel dolore. Dicono così quelli che si sposano, no?
In fondo, qualunque legame forte ha in sè questo patto implicito. Condividere l'allegria, ma anche la tristezza, la voglia di giocare come cuccioloni impazziti, ma anche il semplice bisogno di coccole, la paura di lanciarsi nel vuoto ma anche, speriamo presto, l'entusiasmo di accorgersi che abbiamo spiccato il volo.
Oggi più che un diario semiserio sembra un sermone, ma almeno è un po' più allegro, no?
in foto un soggetto inedito per questo diario... Ok, lo so. Tramonti, albe, sole, nuvole, mare, montagne.
In effetti è un po' monotono il mio archivio fotografico però, che vi devo dire, secondo me ci stanno bene.