Ci sono giorni più difficili di altri. Non saprei bene perchè, in fondo il periodo è omogeneamente tutto parecchio triste, quindi non c'è un motivo in particolare.
Eppure, così come a volte, inspiegabilmente, ci si sente più allegri, ogni tanto è come se il peso di questo sfacelo che ci circonda si facesse concreto, quasi tangibile, senza possibilità di essere soffiato via da una folata di vento, come invece accade nei giorni più leggeri.
Sarà che oggi ho pensato a lungo alle cose che continuano ad andare avanti nonostante questo mega stand by a cui il mondo è sottoposto. Come un tassametro che continua a procedere il suo conteggio mentre sei fuori dal taxi dopo che hai chiesto al tassista “Mi aspetta un attimo, che salgo al volo a prendere le chiavi dai miei?”. E mentre sei in ascensore, mentre saluti i tuoi, mentre torni giù, quei pochi minuti ti sembrano un eternità perchè sono scanditi da quel ticchettio che scorre inesorabile.
Ecco, tutto questo per dire che ci sono tanti piccoli tassametri che contano le ore a chi magari, al momento del lockdown, già soffriva, già era indigente, già attraversava momenti difficili o addirittura irrisolvibili. Tassametri che tengono il conto delle giornate di tensioni familiari non risolte, di attesa per un intervento o per un bonifico, ma anche semplicemente di una cucina che doveva arrivare a febbraio e chissà invece in quale sala d'attesa si trova.
Ci sono amori non corrisposti che hanno continuato a lacerare ferite in queste settimane con maggiore insistenza e cinismo. Sentimenti appena sbocciati tra giovani amanti, che hanno sofferto di più la lontananza forzata, sperimentando da subito il sacrificio e l'assenza.
C'è un ultimo anno di superiori che sta continuando ad esistere anche senza i suoi protagonisti. Ci sono tutti quei diplomandi a cui è stato negato un pezzo di vita fondamentale e irripetibile. Senza l'ultimo anno di liceo io non sarei quella che sono oggi. Senza quella notte prima degli esami, tutti insieme a far finta di ripassare, scambiandoci conforto e risate per ammazzare la tensione, io non sarei oggi così convinta che sia l'unione a fare la forza.
Ci sono piccoli banchi vuoti e sedioline e appendi abiti fissati al muro a un metro e mezzo da terra, ognuno con un nome scritto sopra. Marco, Flavia, Giosuè, Sofia, Gabriele. Ognuno di quei pomelli continua a stare lì e aspetta di poter accogliere di nuovo una piccola giacca o uno zainetto pieno di quaderni da riempire di lettere sbilenche e numeri asimmetrici.
Ci sono, in questo tempo sospeso, questioni che procedono come se nulla fosse, nel bene e nel male.
Ma se da un lato il fatto che, ad esempio, il sole continui a sorgere ogni mattina è un fenomeno decisamente gradevole e ben accetto, vedere che chi soffre continua a soffrire più di prima, davanti agli occhi di un'intero pianeta impotente, è qualcosa che toglie all'improvviso le energie positive che uno aveva cercato di raccogliere per trentasette giorni o anche di più.
Oggi non si ride, mi dispiace. Non è la prima volta, quindi i miei adorati fedelissimi non ne rimarranno sorpresi.
Ma come ogni volta che mi sale la scimmia, poi cerco di farmi perdonare con un'immagine che da sola dovrebbe riuscire a dire più di quanto non sia riuscita a fare io.
Domani ve faccio ride', promesso.
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In foto un tramonto che mi mandò Luca quando eravamo lontani
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