Oggi ho iniziato un percorso di meditazione. Non ridete, è una cosa seria.
Non starò qui a spiegare nel dettaglio di cosa si tratta, se vi interessa vi adoperate per farlo in autonomia, anche perchè è come andare dallo psicologo: se non lo decidi da solo non vale.
E quindi eccomi qui, in tutta la mia accresciuta calma interiore, pronta a condividere con i miei venti fedelissimi lettori almeno il momento centrale di questa esperienza meditativa. Anche perchè, altrimenti, dovrei raccontare delle polpette di lenticchie appena infornate e mi sembra che ultimamente dell'argomento culinario se ne stia un po' abusando.
C'è stato un passaggio di questa prima giornata di meditazione in cui dovevo raggiungere il mio fulcro interiore. Occhi chiusi, palmi poggiati sul ventre rivolti verso l'alto e respiri lunghi.
Mentalmente immaginavo di entrare dentro me stessa, ma essendo la prima volta ero decisamente interdetta oltre che pervasa da un'unica domanda: “Ma in che senso?”.
Allora provavo a immaginare una sorta di mia astrazione che provava a camuffarsi nelle particelle dell'aria per entrare dentro me stessa attraverso la respirazione, solo che ogni volta venivo fermata prima di riuscire ad oltrepassare naso o bocca. Come una specie di immigrato bloccato alla frontiera. Quindi ho cambiato strategia: immaginavo una piccola me in carne e ossa, solo più piccolina che passava attraverso la fronte, tipo Patrick Swayze in Gost che passa attraverso i muri, ma anche così rimbalzavo non appena entravo in contatto con la mia stessa carne.
Tutto questo avveniva mentre, nell'ordine: dovevo respirare con una certa attenzione a diversi particolare che, appunto, non sto qui a spiegare e dovevo ripetere un mantra con altrettanta accortezza.
Insomma, questa “me” che non voleva entrare dentro se stessa per raggiungere il fulcro del proprio Io mi stava facendo piuttosto incazzare.
Alla fine, però, un attimo prima di mollare, è successa una cosa che mi ha fatto capire perchè non stavo riuscendo nell'intento: il mio centro, in quel momento, non stava dentro, ma fuori, sopra di me e tutto intorno. Stava nelle case lontane dei miei affetti, nelle esperienze di gioia del passato, nell'universo che mi circondava.
E così, quella piccola me o quella proiezione di me o, se volete, la mia anima, ha potuto sfiorare per un secondo quel centro di me stessa che oggi pomeriggio aveva deciso di andarsene in giro.
Ed è stato un secondo pieno di pace.
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In foto una delle prime volte in cui provai ad elevarmi.
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