Quella di oggi la definirei una giornata in chiaroscuro. Neanche il tempo di godersi un po' di entusiasmo per la costante diminuzione della curva epidemiologica che subito si fa largo in noi la preoccupazione per la delicatissima, per usare un eufemismo, questione economica in cui ci ritroviamo.
Si sapeva, lo dicevano tutti e tutti ci aspettavamo di dover affrontare prima o poi questo tema altrettanto spinoso però, che vi devo dire, finora la concentrazione era tutta sul piano della salute, mettiamola così.
Un po' come quando senti la scossa di terremoto e la prima cosa che fai è metterti al sicuro e salvarti la pelle. Poi per gradi ti occupi di tutto il resto. Prima pensi alla vita, agli affetti, alla solidarietà, poi ti fai i conti in tasca, raccogli i cocci e vedi se in casa ci sono crepe irrimediabili o se in qualche modo la tua vita di prima potrà riprendere.
Ecco, per come la vedo io, volendo restare sul piano del paragone sismico, in questo momento siamo appena usciti da sotto il tavolo urlando “State tutti bene?!” e abbiamo appena ricevuto qualche “si!” proveniente dalle altre stanze. Fuori da casa nostra non abbiamo ancora il quadro completo chi è stato colpito, chi è ferito, chi non ce la farà o chi si è miracolosamente salvato.
Lo continueremo a scoprire nei prossimi giorni.
Quello che sappiamo per adesso è che siamo sopravvissuti alla prima scossa e siamo felici.
Allo stesso tempo, però, vediamo la nostra casa capovolta. Ci muoviamo senza sapere bene se ce ne saranno altre di scosse e iniziamo a chiederci se non è il caso di uscire, di attendere per strada le prossime ore.
Beh, qui il paragone non fila proprio liscio. “Uscire”, “attendere in strada” non sono certamente espressioni adattabili al cataclisma vero che stiamo attraversando, anzi, ma tanto avevo finito.
Il concetto si è capito. Spero.
Superata la paura, inizia a tornare la lucidità, iniziamo a vedere colpe e responsabilità, stiamo perdendo quello spirito di coesione con il prossimo. Non con il prossimo bravo, ma con il prossimo che è tornato ad essere quel solito vicino di casa menefreghista e superficialotto che ci ha sempre fatto innervosire, ma che per un breve momento lo avevamo preso a cuore.
Stiamo tornando ad incazzarci per il fatto che perfino il farmacista ci prende in giro sull'utilità delle mascherine, ci sentiamo feriti per i prezzi rincarati dei generi alimentari, per il divario sempre più ampio tra ceti sociali, che emerge con strafottenza.
Però, c'è un però ed è gigantesco. Se stiamo qui, a scrivere o a leggere questa pagina un po' più pesante delle altre, forse, intanto è perchè siamo vivi e non era poi così scontato, ma soprattutto è perchè non abbiamo smesso di sperare in tempi migliori. Anche se quella vocina dentro di noi non fa che ripetere “Mo so cazzi”, “Sarà una catastrofe”, “Non ci rialzeremo mai”, in realtà quell'altra vocina (sì, ne abbiamo tutti più di una...) sa bene che un giorno, magari più tardi degli altri, magari un po' più acciaccati, ma ci rialzeremo pure noi. Vaffanculo.
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In foto un strada, per me molto importante, che mi auguro di percorrere presto.
#resistiamo #vinciamonoi #restiamouniti #andràtuttobene #iorestoacasa