Oggi mi girava in testa quella frase post apocalittica che richiama ricordi di film catastrofici e vecchie nozioni darwiniane sulla selezione naturale. Non ricordo bene com'era, ma più o meno diceva che “sopravvivrà chi meglio saprà adattarsi al cambiamento”.
C'ho riflettuto tutto il giorno e mentre mi arrovellavo sul significato di questo assunto, tipo “Ma in che senso adattarsi?” oppure “Sopravvivrà, in senso figurato o letterale?”.
Ecco, mentre ero attraversata da queste leggere e domenicali considerazioni ho avuto un'illuminazione che mi ha fatto ricredere sulla gravità di questa situazione. Ho pensato che sopravvivremo almeno metaforicamente tutti quanti.
Lo so, ne sono certa, ma non perchè abbia chissà quale sfera da veggente in casa, sono certa che ci adatteremo al cambiamento perchè lo stiamo già facendo.
Ci stiamo abituando alla cosa, siamo diventati bravissimi a compiere quelle azioni quotidiane che fino a poche settimane fa non avremmo mai immaginato di poter gestire tanto agilmente.
Lo so, detta così sembra una specie di forzata pacca sulla spalla, efficace quanto dire “Stai tranquillo” a uno che c'ha un attacco di panico. M'è sembrato così pure a me all'inizio e mi stavo per mandare a fantuffo da sola. Ma poi ho pensato alla me di un mese fa o dell'anno scorso e la prospettiva è cambiata.
Tralasciando tutte le abilità acquisite che hanno stravolto la mia quotidianità, tipo riuscire a non trasformarmi in un hobbit dopo venti giorni di isolamento, respirare dentro una sciarpa tenendola su col naso e le gote mentre giro per i corridoi del supermercato, guidare con i mignoli, razionare i cucchiaini di Nutella e tante altre, non avrei mai pensato di saper gestire un'attesa così lunga senza avere all'orizzonte un punto di arrivo certo.
Stiamo navigando senza reali punti di riferimento, ma ci stiamo riuscendo e come se ci stiamo riuscendo. Come potremmo farlo se non fosse già in atto in noi un processo di adattamento al cambiamento?
Qui nessuno ci chiede di essere perfetti. Dobbiamo solo imparare ad aspettare.
Possiamo farlo a modo nostro, cantando, ballando, scrivendo, videochiamando, piangendo, dormendo e tutti i gerundi che vi pare.
E' in atto un nuovo salto di specie. Sì, parlo con te, Coronavirus. Che ti pensi di essere l'unico in grado di trasformarsi? Di saltare di specie? Beh, sai che ti dico? Che siamo capaci pure noi e ti ripagheremo con la stessa moneta.
E' iniziata l'era dell'Homo Patientes (questa di sicuro l'ho sbagliata e se mi legge la prof. di Latino stavolta un due non me lo leva nessuno).
Per esempio stasera abbiamo saputo attendere un'ora in più per mangiare perchè ci sembrava brutto cenare alle 20.30 che in realtà erano le 19.30. O no?
In foto i capelli d'angelo della contrada Serre a Melfi in Basilicata